Allievo Ufficiale praticante avvocato
di Luigi Neirotti

 

Novembre 1983, sereno pomeriggio autunnale illuminato da un sole che fa brillare i boschi giallo-ocra che circondano Aosta. Con il mio 113° Corso AUC, sono a Clou Neuf per una delle prime esercitazioni di tiro: l’addestramento è iniziato da poche settimane.
Il pomeriggio scorre in modo abbastanza tranquillo, nonostante la tensione che sempre ci accompagna in quest’attività, per via delle punizioni che fioccano a decine.
Il sole tramonta ed è presto notte. In fondo alla valle si scorgono ormai le luci della città e dei paesi circostanti; al centro spicca il lungo, ininterrotto serpentone di automezzi che percorre nei due sensi l’autostrada verso la Francia.
Il comandante della 2a compagnia AUC, il mitico capitano Graziano, dà finalmente l’ordine di radunare persone e materiali in vista del rientro. In pochi minuti ci ritroviamo inquadrati e si parte alla volta della caserma Cesare Battisti.
Il rientro da Clou Neuf ha sempre qualcosa di gioioso: sarà perché si torna a “casa”, sarà perché la salita è diventata una discesa...
La 2a compagnia inizia a marciare lungo il sentiero a zig-zag che conduce a fondovalle. D’un tratto il passo aumenta, lo si nota anche dal polverone sollevato dai nostri Vibram. Poi aumenta ancora.
“Ecco, ci risiamo!” penso subito: il comandante ha di nuovo deciso di battere il record di rientro in caserma. Un rapido passa parola conferma ben presto l’ipotesi.
Ad un certo punto ci ritroviamo a correre, in discesa e a rotta di collo! Il fido Garand, che abitualmente  portiamo a tracolla per diminuire il peso sulla schiena e procurarci un’illusione di comfort, non vuole sapere di stare fermo: oscilla pericolosamente ad ogni salto e ad ogni virata.
Nel frattempo su Aosta è calato il buio.
Bene o male raggiungiamo la Battisti. Schieramento in cortile davanti alla palazzina AUC, presentazione formale e rompete le righe. Via, su in camerata: “di corsaaaaa!!”. Sono passare le diciotto ed è l’ora del rancio serale. Anche per oggi la giornata volge al termine.
Passo in camerata e mentre m’incammino verso la mensa incrocio il sottotenente Giorgis (111° corso AUC), comandante del secondo plotone.
«Allievo Neirotti!»
«Comandi signor tenente» rispondo immediatamente.
«Nell’ufficio del comandante di battaglione. Di corsa!»
“Oddìo,” penso subito, “cosa sarà successo?” Un’improvvisa preoccupazione mi pervade.
In un attimo sono di fronte all’ufficio del tenente colonnello Laudani, comandante del Battaglione Allievi Ufficiali della Scuola Militare Alpina di Aosta.
Incontro il vice-comandante di compagnia, sottotenente Merlini (109° corso AUC) che mi dice:
«Allievo Neirotti, lei è laureato in giurisprudenza, vero?»
«Comandi signor tenente, quasi laureato, mi mancano pochi esami.»
«Be’, fa niente. Deve difendere un suo compagno di corso, il “processino” inizia adesso».
«Processino?! Di che si tratta?»
«Non abbiamo molto tempo, anzi “tempo zero”: un suo “collega” rischia la punizione di rigore o peggio l’espulsione!»
E così, di punto in bianco, dopo l’ennesimo record di discesa da Clou Neuf, ancora impolverato e sudato, mi ritrovo coinvolto nella difesa di un compagno di corso, senza nemmeno sapere bene cosa sia successo. Ho appena il tempo di vederlo in faccia: è Fabbri (uso un nome di fantasia), sguardo basso e rassegnato, occhi lucidi.
«Cos’hai fatto?» gli domando.
«Mi hanno “beccato” mentre fumavo uno spinello, con altri del corso.»
Accanto a me sta l’allievo ufficiale Claudio Savanco, sempre del mio corso, neolaureato e prossimo avvocato nello studio di famiglia, anch’egli incaricato di difendere uno degl’imputati.
Gli eventi sono precipitosi. In pochi attimi gli imputati sono ammessi, uno per volta, nell’ufficio del comandante. Quando tocca a Fabbri, entro insieme a lui: il colonnello, in qualità di giudice, sta dietro la sua scrivania. Su un lato staziona la commissione, come da regolamento costituita da tre membri; io e il mio assistito ci schieriamo al centro della stanza.
La mia mente nel frattempo è percorsa da pensieri turbinosi: “cosa devo fare? La situazione è grave, che argomenti opporre?”
Sono combattuto: da un lato vorrei difendere il compagno; da un altro non so se la mia condizione di AUC me lo consenta; soprattutto non ho alcuna esperienza, non ho mai difeso nessuno, prima.
Il tenente colonnello rompe il silenzio immediatamente e formula in due parole l’atto d’accusa, chiedendo all’imputato cos’ha da dire.
Fabbri tace: un velo di tristezza lo ha rapito ed è incapace di prendere la parola. Il colonnello si rivolge bruscamente a me, con voce perentoria.
«Difensore, cos’ha da dire?»
La mia mente è attraversata da un lampo. Bisogna puntare sulla non intenzionalità del fatto, sulla sua assoluta occasionalità:
«Comandi, signor colonnello… Dunque… L’allievo Fabbri era in camerata con altri, quando uno ha acceso uno spinello. Lei sa che negli Alpini c’è un forte spirito di corpo ed è usuale dividere con tutti ciò che si ha, così come si offre un bicchier di vino. È pertanto parso naturale offrire a tutti i presenti di partecipare…»
Mentre pronuncio queste poche parole, il comandante alza le braccia,  sbatte violentemente le mani sul tavolo, mi fulmina con gli occhi, e urla:
«Ennoooò!!! Spirito alpino un cacchioooo!!! Che sia punito con tre giorni di rigore e sia dimesso dal corsooooo!!!»
«Comandi, signor colonnello!»
In pochi secondi siamo fuori della stanza.
Fabbri si avvicina a me, mi abbraccia sussurrandomi “grazie lo stesso!” e si allontana.
Da allora non l’ho più rivisto, né so che fine abbia fatto. Mi è rimasto impresso il suo sguardo triste di quel momento.
Scendo in cortile con Savanco, anche lui è scosso: condanna piena ed esclusione dal corso per il suo assistito; nulla da fare, il suo processo è stato fulmineo quanto il mio.

Suona l’adunata puniti. Veniamo spediti a fare le pulizie in infermeria, visto che quel giorno siamo entrambi di consegna semplice.
A quell’ora la mensa è già chiusa. Per nostra fortuna un ricoverato ha rifiutato il cibo: con la fame che abbiamo, prima di riportare il vassoio in mensa ne divoriamo il contenuto.
Rientro finalmente in camerata. Ripercorro l’accaduto con incredulità e un pizzico di preoccupazione per la mia sorte: il colonnello avrà preso la mia “arringa” come un insulto? Sono frastornato.

Da allora è passato tanto tempo e la vita mi ha posto di fronte a mille altre situazioni da avvocato, complesse e delicate. Tuttavia, conservo sempre nella memoria quell’incredibile sera e la mia impudente e spericolata argomentazione, al cospetto del comandante di battaglione.

Più ancora, però, ricordo quell’indimenticabile “grazie”, appena sussurrato.

Luigi Neirotti

Luigi Neirotti, tenente degli Alpini ed istruttore militare di sci, è stato allievo scelto del 113° Corso AUC della Scuola Militare Alpina di Aosta. Ha svolto il servizio di prima nomina nel Reparto Comando e Trasmissioni della Brigata Alpina Taurinense. Sposato con tre figli, vive a Milano. Avvocato d’affari, è socio di un grande studio legale ed assiste imprese nazionali ed internazionali.

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